Arriva il verdetto della Commissione parlamentare d’inchiesta sui comportamenti dell’ex premier inglese.
Una Commissione parlamentare d’inchiesta ha stabilito che Boris Johnson ha mentito deliberatamente al Parlamento britannico. L’indagine è durata 14 mesi e si incentrava sui suoi comportamenti, in particolare sulle feste tenute a Downing Street durante il periodo più difficile della pandemia. Il caso, denominato “partygate“, aveva portato alle dimissioni dell’ex premier, che è stato informato la scorsa settimana delle conclusioni a cui è giunta la Commissione.
La condanna di Boris Johnson
Il rapporto critica Boris Johnson per aver deliberatamente “fuorviato” il Parlamento britannico durante i suoi discorsi da primo ministro alla Camera dei Comuni, tanto da richiedere la sua sospensione per 90 giorni. Tuttavia, Johnson ha superato tutto anticipando le dimissioni come deputato venerdì scorso, ma prima ha denunciato che questa sarebbe stata “una caccia alle streghe“.
Inoltre, queste dimissioni potrebbero causare un’enorme instabilità anche per il governo di Rishi Sunak, che è subentrato a lui. La diffusione del documento rischia di aumentare le tensioni tra i membri del partito conservatore, in particolare per la disputa aperta tra Johnson e Sunak. Secondo BoJo, questo è “un assassinio politico“.
Il documento che ha incastrato Boris Johnson
Inoltre, sempre secondo il dossier, Johnson “era complice della campagna di abusi e tentativi di intimidazione del Comitato“. Inoltre, è “altamente improbabile che, alla luce della sua esperienza personale diretta di questi eventi, potesse aver creduto sinceramente, al momento delle sue dichiarazioni alla Camera, che le regole o le linee guida siano state rispettate“.
Infine, nel rapporto gli estensori sono concordi nel “ritenere altrettanto improbabile che potesse continuare a crederci al momento della sua deposizione davanti al nostro Comitato. L’oltraggio” – si continua a leggere – “è tanto più grave perché commesso dal presidente del Consiglio, il membro più anziano del governo”.